Italia, le mie critiche velate
Quando si parla di Italia e di italiani è arduo sottrarsi al luogo comune, nel bene e nel male: sembra che l’argomento non sia affrontabile privi di quella carica emotiva che accompagna qualsiasi considerazione sull’argomento, luoghi comuni che in questo scritto, promesso lo scorso agosto all’amico Giampiero, mi guarderò bene dal riproporre. La promessa era di rappresentare alcune critiche all’Italia, obiettivo sproporzionatamente ambizioso, me ne rendo conto, pari soltanto alla modalità così soavemente e spudoratamente semplicistica dell’enunciato. A complicare la cosa si aggiunge la regola di ingaggio per la quale le critiche sarebbero dovute apparire “velate”, come a dire, vedo e non vedo, critiche sì, ma non ferocemente rappresentate; cose, per dirla in gergo letterario, più simili ad un ossimoro: può infatti un italiano che critica il proprio paese d’origine riuscire a formalizzare critiche prive di quella tanto pittoresca e mediterranea sguaiatezza? Come si vede la diffi