Il gap democratico di M5S



L'esercizio della democrazia interna nelle organizzazioni politiche è un problema piuttosto diffuso, riguarda il Pdl (ricordare il caso Fini), il Pd stesso, e che dire del sindacato? personalmente, dopo  trentacinque anni di lavoro e – altrettanti - di iscrizione ad uno dei maggiori sindacati nazionali non ho mai partecipato ad una vera e propria consultazione per eleggere i miei rappresentanti, per me resta ancora oggi mistero come vengano decise le candidature sindacali.
Nel caso di M5S la questione democratica viene spesso sollevata da partiti concorrenti, giornalisti televisivi, ecc., ma essa non riguarda essenzialmente solo quel Movimento, questo dovrebbe essere chiaro a tutti. Il problema però non va sottovalutato.
Il fattaccio del fuori onda è un evento secondario, che esso poi sia stato organizzato ad arte (plausibile) oppure no è ancor più secondario. Bisognerebbe imparare ad analizzare i fatti e le evidenze e non le dietrologie basate su indizi verosimili, ma non dimostrati (cono gelato et similia), sennò di questo passo sarebbe pure plausibile e verosimile sostenere che Grillo è un agente della Cia: se ci si mette a raccogliere indizi, incrociare eventi, dichiarazioni, ecc. credo ci si possa pure riuscire ... Umbero Eco docet (si veda il pendolo di Foucault sulla teoria delle cospirazioni che si autoavverano), ma per sgombrare il campo da equivoci non credo che Grillo sia un agente della Cia.
Stiamo dunque alla questione centrale sollevata dal consigliere (ex?) N5S; se si mantiene l'attenzione sul punto viene fuori che la denuncia, più che fare danno al Movimento, potrebbe anche innescare una spirale positiva che magari riesca là dove i partiti tradizionali arrancano, vale a dire costruire un sistema mediato e partecipato anche sui temi di indirizzo strategico.
La democrazia è sempre perfettibile e dunque credo sia fuorviante concentrare i ragionamenti sul fatto in sé, smascherare la cospirazione; più produttivo sarebbe lanciare un dibattito su come migliorare le forme di governo interne al Movimento in senso ancor più partecipativo, democratico, ecc.
C'è qualcosa di apparentemente paradossale in tutto questo se si pensa all'utilizzo estremamente partecipato del web da parte di sostenitori di M5S, il quale però trae la sua forza da un'indirizzo politico, per temi e campagne trattate, di tipo centralistico. E qui sta in definitiva l'accusa. Chi decide i grandi temi in mancanza di istituti tipici di partiti e Movimenti come direttivi, congressi, tesseramenti, ecc.?
M5S rifugge da schemi organizzativi partitici, non ha un tesseramento, ma dispone di un sostegno di "militanti" auto proclamatisi tali che soprattutto a livello locale dimostrano una certa autonomia di giudizio e azione politica. E allora? dove sta il problema? Probabilmente proprio nell'assenza di forme di controllo dell'indirizzo e soprattutto della strategia politica. Su questo penso ci sarebbe da dire qualcosa.
E questo per quanto riguarda il possibile " gap" democratico di M5S.
Ma veniamo ora al fuori onda. Anche su questo ci sarebbe da dire.
Facciamo l’ipotesi che un giornalista chieda l'intervista ad un esponente politico, i due si conoscono perché è abbastanza comune che fra giornalisti e politici "di area" possano svilupparsi delle amicizie generalmente basate su stima professionale reciproca.
E dunque nel caso del fuori onda, che fra l'altro fuori onda non è, poi spiegheremo il perché, è facile che si generi un rapporto fatto di dichiarazioni ufficiali condite con frasi dell'intervistato del tipo "ma questo non lo scriva", tipiche di un certo modo di concepire i rapporti fra politica e informazioni. Tradotto: io politico manifesto a te amico giornalista la mia stima porgendoti informazioni ultrariservate e tu giornalista sai che sono dalla tua parte o da quella del tuo giornale, ecc. Inoltre io politico ti dico che se tu le pubblicherai io ti smentirò, tu avrai problemi con il tuo giornale e io non sarò più tuo amico.
Sicché il giornalista si trova in una posizione eticamente discutibile. Se si autocensura è succube del politico potente o aspirante tale ed accetta di farsi manipolare, se disobbedisce tradisce la fiducia dell’amico; ma deve fare i conti con l'etica professionale, infatti: carpire informazioni sulla base della fiducia tradita è da annoverarsi fra le prassi professionali eticamente compatibili? è una questione di coscienza, quella del giornalista.
Il caso Favia non è un vero fuori onda - s'è detto -, qui non c'erano telecamere che si accendevano e si spegnevano, talché l'incidente del fuori onda dovrebbe oggigiorno essere messo in conto da qualsiasi intervistato. In quel caso si è trattato di un'azione truffaldina, sia pure dal punto di vista morale.
Altri casi di fuori onda conclamati - diciamo così - sono a rischio degli intervistati, a mio modo di vedere è più che lecito renderli pubblici. Anche i resoconti informali sono pienamente riportabili, se ad esempio un politico nel corso di una cena con giornalisti si lascia andare a confidenze non ufficiali, beh, non è che si possa lamentare se il giorno dopo le trova spiattellate su qualche giornale o rotocalco... Ma sorge a questo punto il sospetto che il fuori onda possa costituire un’ interessante modalità di comunicazione per politici sufficientemente navigati.

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