The Woman in the Wall | Se il convento diventa prigione




Ho appena terminato la visione di The Woman In The Wall (La donna nel muro),  miniserie televisiva anglo-statunitense in sei episodi, ideata da Joe Murtagh e diretta da Harry Wootliff e Rachna Suri, in questi giorni disponibile sul portale Paramount+.
Le case Maddalena sono stati istituti femminili sorti in Irlanda attorno al 1765 allo scopo di educare ragazze orfane, ragazze rimaste incinte o madri, o giovani ritenute immorali per via della loro condotta considerata peccaminosa, e per questo rinnegate dalla loro famiglia, o, come in Inghilterra, giovani prostitute.
Il contesto sociale riteneva moralmente accettabile che per espiare le loro "colpe" le ragazze e le giovani donne venissero inviate presso conventi devoti a Maria Maddalena, da qui la denominazione Case Magdalene appunto, ove venivano impiegate soprattutto come lavandaie non retribuite.
Inoltre,  il clima di sottomissione e isolamento nel quale le giovani erano costrette a vivere fungeva spesso da paravento oltre il quale si celavano episodi di violenza e maltrattamenti. 
Le lavanderie all'interno dei conventi della Maddalena andarono diminuendo man mano che il progresso rendeva obsoleto l'utilizzo della manovalanza e l'ultima di queste strutture chiuse ufficialmente i battenti nel 1996.
The Woman in the Wall ripropone il dramma delle donne ex-recluse in quelle strutture prendendo spunto dalla storia di alcune ragazze che avevano partorito in convento e alle quali erano stati tolti i loro bambini per inviarli in adozione in quanto non ritenute madri consapevoli.
La serie nel suo complesso è interessante e ben sceneggiata, per quanto alcuni dettagli, soprattutto nel finale, mi sono apparsi poco plausibili e frettolosi; ma se c’è una buona ragione per guardarla la si deve  soprattutto all’interpretazione eccellente di Ruth Wilson nei panni della protagonista Lorna Brady.


Lorna è una giovane donna che dopo trent’anni è ancora vittima dei traumi subiti da ragazzina in una di quelle strutture. Vive in un piccolo paese irlandese dove tutti conoscono tutti e appare psichicamente provata a causa dei tanti comportamenti instabili e imprevedibili che lei stessa non riesce pienamente a controllare.
Grazie alla sua determinazione però, supportata dall’altro co-protagonista, il poliziotto Colman Akande interpretato da Daryl McCormack, cercherà in tutti i modi di far luce sulla vicenda, mai chiarita, della sua bambina nata in istituto e in seguito, come appare da un certificato di morte, deceduta. La Wilson si cala alla perfezione in un ruolo border line dalla forte intensità emotiva. 
Finale delicato e commovente.
Mio giudizio: alla Wilson do 10 con lode; alla serie un buon 7.


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