BLACK SPOT si può fare!


Superata la delusione di "Grenseland - Terra di confine", il noir norvegese interrotto dopo una sola stagione sul più bello, e molto probabilmente per sempre, poiché Netflix pare non abbia alcuna intenzione di continuare con una seconda stagione - non si fanno però queste cose, cara la mia Netflix, prima o poi gli utenti cominceranno a ribellarsi -,
  e dunque, riprendendo il ragionamento: alla costante ricerca di una serie che mi aiutasse a superare lo shock per il finale di "The Fall", sono approdato a "Black Spot".


Serie francese, che, diciamolo chiaro, all’inizio incuriosisce giusto quel tanto da non interromperne la visione dopo il primo episodio, ma che col tempo acchiappa.


Sì, lo so, non è che ora sarete già tutti lì smaniosi di cominciare a guardarla, immagino, comunque proseguiamo.


La vicenda si svolge in uno di quei paesi nati dalla fantasia degli autori, che potrebbero esistere ma che invece no. Un piccolo paese francese, Villefranche, nome di (poca) fantasia, da secoli isolato dal resto del mondo da una fitta foresta che lo circonda isolandolo dal mondo, dove nemmeno i cellulari riescono ad avere campo (da qui il sottotitolo della serie Zone Blanche).


Grazie anche alla mancanza di una chiesa, che il paese non ha mai avuto, sopravvivono antiche leggende tratte dalla cultura celtica. 


Inoltre, Villefranche ha un tasso di omicidi  sei volte più alto della media francese, il che costringe l' ispettore della gendarmeria Franck Siriani a presentarsi al comando di polizia locale, diretto dalla protagonista della serie, la comandante Laurène Weiss, interpretata dall’attrice Suliane Brahim, per capire cosa sta succedendo.


Inutile dire che la sfilza di omicidi e di morti violente continua e questi eventi si intrecciano, in parte con la presunta presenza di una divinità celtica che, pare, si diverta a scorrazzare libera nella foresta e a uccidere i malcapitati che si avventurano al suo interno, e in parte con giochi di potere locale che coinvolgono il sindaco del paese il quale aveva avuto in passato una relazione proprio con Lauréne.


Questo a grandi linee il contesto. E adesso vi chiederete che cosa ci sia di tanto intrigante da giustificare la visione di due stagioni tante sono quelle finora realizzate?


Va a sapere. Comunque ci sono elementi interessanti. 


L’atmosfera tendenzialmente cupa, la foresta che attrae e respinge contemporaneamente, sono state rese bene; buona anche l’idea della divinità celtica che può fare pensare a un’intrusione fantasy oppure a un espediente criminale. Non si sa. 


Il regista ha giocato la carta dell’ambiguità. Lo spettatore viene coinvolto e decide subito di fidarsi, disposto anche a credere all’esistenza di Cermunnus, questo il nome della divinità, sospendendo la propria incredulità. Vada come vada.


Dati questi presupposti, i sedici episodi della serie si snodano producendosi in un intreccio interessante e coinvolgente. Insomma, se non avete davvero niente di meglio da guardare, e se vi piace il genere thriller tendente al dark ma non troppo, guardatela. 

“The Fall”, sia chiaro, è un’altra cosa, ma accontentiamoci. La seconda stagione si conclude senza che tutti gli interrogativi abbiano trovato una risposta. Ci sarà una terza stagione? Al momento non si sa. Staremo a vedere. Speriamo. Sebbene, anche non ci fosse, alla fine non sarebbe nemmeno quella gran perdita.

E boh, dopo una recensione del genere non so se io la guarderei, però voi fatelo, è una serie carina, credetemi, un po' ne vale la pena.













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