CAMBIARE L'ACQUA AI FIORI di Valérie Perrin | Violette, la vita è un dramma
Non avrei
pensato che questo titolo sarebbe diventato, oltre che un best seller, un
tormentone che fra il serio e il faceto anima numerosi gruppi letterari su
Facebook da un po’ di tempo a questa parte.
È un libro
che divide le opinioni come pochi, chi lo trova eccezionale e chi
insopportabile, non esistono mezze misure. Ed ecco perché alla fine il romanzo
ha esercitato un certo richiamo su di me. Se i giudizi fossero stati tutti all’unisono
non mi avrebbe di sicuro catturato, anche se, devo dire, il titolo costituisce
un forte elemento di attrazione, almeno per il sottoscritto.
Sicché me lo
sono procurato, dopo un bel po’ di tempo dopo la sua uscita, addirittura a
ridosso della pubblicazione in italiano di Tre, della stessa autrice.
Il romanzo è
scritto in prima persona, è Violette che racconta la sua vita. La prosa è
scorrevole, non altisonante, semplice eppure raffinata. Sarebbe bello leggerlo
in francese, nonostante sia convinto che il traduttore, Alberto Bracci
Testasecca, abbia fatto un ottimo lavoro. Non si finirà mai di apprezzare abbastanza
quei traduttori che riescono a rendere le atmosfere originali dei libri tradotti.
Le prime
pagine scorrono via proprio grazie a questa prosa efficace, ai capitoli brevi,
anche se in realtà non succede quel granché. L’autrice prepara lo scenario, il
contesto, soprattutto di tipo psicologico. Infatti, nel fare la conoscenza di
Violette e del suo uomo, Philippe Toussaint, si capisce che il personaggio
nasconde molto altro. Non che siano cose che Violette voglia celare, no, è la
sua vita che si dipana a poco a poco, ma con i suoi tempi.
La vita di
Violette si intreccia con quella di tante altre persone, apparentemente
slegate, soprattutto con quella di Philippe, ma gradualmente tutte queste vite
hanno addentellati, dettagli insignificanti forse, che però producono
conseguenze importanti. E a un certo punto della lettura tutte queste vite
compongono un’opera corale.
C’è un dramma
che collega tutto e che segna profondamente la vita di Violette, la cui
spiegazione finale ha un che di grottesco e inaccettabile, un vero e proprio
colpo di scena. Cosa che le lettrici e i lettori scopriranno da soli, visto che
mi pare di aver detto già troppo.
Ora, il
romanzo mi è piaciuto molto, e questo nonostante il gran battage pubblicitario.
D’accordo, la Perrin non è solo la moglie di Claude Lelouch, ma è anche la
moglie di Claude Lelouch. Forse un’altra autrice avrebbe avuto uguale fortuna?
Chissà.
Certo il
romanzo è particolare, nonostante l’originalità e la qualità letteraria, c’è anche da
domandarsi: se, per ipotesi, l’autrice fosse stata una sconosciuta, avrebbe
avuto altrettanto successo o, addirittura, avrebbe trovato un editore disposto
a pubblicarla? Si tratta infatti di un prodotto di nicchia che non è riferibile
a un genere letterario particolare.
Una curiosità. Il romanzo utilizza lo strumento del flashback in modo accattivante e con arguzia. Molto spesso mi sono trovato alla fine di un capitolo a domandarmi che fine avesse fatto un tal personaggio o un tal altro, ed ecco che, voltata pagina, mi ritrovavo sistematicamente il capitolo che mi forniva la risposta. E, considerata la complessità della struttura, non è poca cosa.
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