Scrittura cuneiforme di Kader Abdolah | Capire l’Iran, Il permanente scontro fra tradizione e progresso


Il karma del lettore ha fatto sì che il libro mi sia capitato fra le mani di recente. Lui stava lì in attesa, fiducioso, e il suo turno è arrivato proprio a ridosso delle proteste delle donne iraniane sull’osservanza del velo islamico. I fatti recenti hanno conferito al romanzo nuova attualità.

“Scrittura cuneiforme” è infatti l’occasione di avvicinare la cultura persiana, al di là degli sconvolgimenti che hanno segnato l'antico impero, Iran dal 1935, negli ultimi cento anni.

L’autore, Kader Abdolah, Ismail nella finzione letteraria, è un esule iraniano rifugiatosi in Olanda, . 

Il romanzo, un alternarsi fra un presente olandese e il passato iraniano, si apre quando al potere c’è Razha Kan, padre di Reza Palevi, ultimo Scià prima dell’avvento del regime islamico di Komeini. Ma la storia del protagonista ci spinge in un periodo ancora precedente.

Il padre di Ismail, Aga Akbar, era nato sordomuto; la madre, Hajar, era una moglie-sige - status di concubina senza diritto ereditario - di un nobile persiano, il principe Aga Hadi Gorasani. Nell’Iran dei tempi remoti sopravvivevano tradizioni arcaiche che la popolazione delle campagne praticava, che stridevano col desiderio di modernità dello Scià.  L’ammodernamento del paese era all’inizio, continuò nella breve parentesi fra il primo e il secondo degli Scià Palevi, e ancora durante il regno di Reza, ultimo Scià.

La famiglia di Age Akba viveva a ridosso di una montagna sacra, il monte Zafferano, luogo leggendario che segna il confine fra l’universo dell’antico mondo persiano e il mondo esterno che nella nostra storia voleva dire libertà, che era poi quella che poteva garantire l’allora Unione Sovietica. 

“E mai nessuno era ritornato dopo essere passato dall’altra parte della montagna” viene detto nel libro.  Forse a causa delle guardie di confine iraniane oppure perché, raggiunta la libertà, nessuno avrebbe mai pensato di ripercorrere la strada all’incontrario.

Nel cuore del monte Zafferano c’è una grotta e in quella grotta un’ iscrizione che sa di mistero, scritta in caratteri cuneiformi. Difficile, anzi impossibile, decifrare il significato.

Kazem Gan conduce il giovane Age Akba proprio lì davanti all’iscrizione cuneiforme e con il linguaggio dei segni gli fa capire che il suo compito è quello di tradurla.

Age Akba obbedisce e ricopia l’ iscrizione; riuscirà a creare una sorta di linguaggio cuneiforme personale grazie al quale metterà per iscritto i propri pensieri.

Age Akba terrà un diario con sé per tutta la vita, scritta in cuneiforme. Questa forma di comunicazione, per quanto limitata, gli consentirà di condurre una vita normale: avrà un lavoro, si sposerà, avrà dei figli sani, fra cui Ismail. 

Ma a Ismail starà stretta la vita lì attorno al Monte Zafferano e cercherà l’emancipazione attraverso lo studio, lascerà la famiglia e si trasferirà a Teheran dove diventerà un oppositore al regime dello Scià e subito dopo anche a quello degli Ayatollah. 

Vivrà in clandestinità prima di abbandonare il paese e approdare in Olanda dove si stabilirà definitivamente.

E questa è la storia dell’autore, protagonista del romanzo, oggi cittadino olandese a tutti gli effetti, al punto da eleggere il neenderlese la lingua con la quale ha scritto questo romanzo e quelli successivi.

Come Age Akba, anche Ismail, è riuscito a rompere il proprio isolamento grazie alla scoperta di una nuova lingua da padroneggiare per comunicare e sopravvivere, in questo caso il neenderlese: come si trattasse di una forma di scrittura cuneiforme, potremmo dire.

“Scrittura cuneiforme” è un romanzo da leggere, scritto da un autore tutto da scoprire.


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