Quella casa in fondo alla pianura | di Davide Bernardin

L’ abbiamo studiato tutti a scuola ma soprattutto imparato grazie agli innumerevoli film ambientati all’epoca della guerra di secessione americana che la vittoria dei nordisti sull’esercito degli stati confederati nel 1865 coincise con la fine della schiavitù negli Stati Uniti. Il XIII e XIV emendamento sancirono a tutti gli effetti quell’importante risultato e impegnarono lo Stato americano a garantire i diritti civili degli ex schiavi. Il XV emendamento nel 1870 concesse infine il diritto di voto anche ai nuovi cittadini. Tutto risolto dunque? Sembrava, e invece i cambiamenti non furono automatici, ci volle del tempo ed è noto che anche anni dopo l’approvazione degli emendamenti in alcune fattorie nelle zone più sperdute del sud del paese la schiavitù continuò a mantenersi. E qui comincia appunto “Quella casa in fondo alla pianura” di Davide Bernardin, la cui idea è originale, sostenuta dall’intreccio bene articolato fra le linee narrative. All’autore va riconosciuto il merito di avere aperto una finestra su un aspetto importante della lotta alla schiavitù negli Stati Uniti, ossia il fatto che quella pratica abominevole fosse continuata illegalmente in certe aree isolate del sud del paese, anche decenni dopo la fine della guerra di secessione. Il romanzo presenta una storia singolare di immigrazione all’incontrario, dall’America all’Italia, e raccoglie situazioni che possono sembrare insolite, ma che trovano spiegazione anche grazie alla dettagliata biblio-sitografia ragionata in appendice. Segnalo anche alcuni aspetti migliorabili: il libro è molto lungo e un eccessivo amore del dettaglio, che non aggiunge contenuto alla storia, contribuisce a rendere ridondante in certi punti il testo. Resta un romanzo ben scritto. Consigliabile a tutti quelli che amano le saghe famigliari e i romanzi storici. 

 TRAMA

 Ispirato a una storia vera: quella della famiglia di Cain Wall, schiavi statunitensi ignari per moltissimi anni dell’abolizione della schiavitù. Louisiana, 1° gennaio 1906. Bill è uno schiavo nella fattoria di Mr. Collins, la libertà è il sogno che insegue da sempre. È ciò che lo fa vibrare di vita, che lo fa sperare in un futuro più roseo per lui e per tutta la sua famiglia. E quando giunge a New Orleans, e scopre che in realtà quella libertà è un suo sacrosanto diritto, non può che essere uno shock lacerante. La musica in strada addolcisce il suo trauma profondo. I suonatori lo guideranno sulla via che porterà tutta la sua famiglia a liberarsi dalle catene di un’ignominiosa schiavitù, e a incrociare in futuro il destino di una famiglia italiana, che condurrà i figli di Bill più lontano di quanto potessero immaginare.

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