FENOMENO SUPERNATURAL | Il Tv serie cult concluso dopo 15 stagioni



PRIMA STAGIONE


Capita di accostarsi a una serie Tv perché qualcuno ne abbia parlato, magari anche con un po’ di insistenza, al punto tale che alla fine mi decido: “e che sarà mai? guardiamola, se non mi piace smetto”. Si reagisce più o meno in questo modo, no?

È il caso di Supernatural, una serie, va detto subito, quanto più distante dalle mie corde: vale a dire, guardo di tutto, basta non vi sia traccia di entità soprannaturali. Diciamo che come presupposto già lascio a desiderare.

Questo anche per via della massima popolare “scherza coi fanti, ma lascia stare i santi”, che contiene una filosofia spicciola ma molto chiara; ciò che è “santo” deve essere rispettato.

E dunque, dopo i primi 22 episodi come la mettiamo?

Diciamo che i santi non vengono oltraggiati e che il fatto che io sia giunto alla fine della prima stagione già di per sé è un punto a favore della serie. 

Ma non enfatizziamo troppo il concetto perché questa è una recensione assai critica, che forse non piacerà a tutti i fans, me ne scuso.

La serie si presenta in modo chiaro già con la prima scena quando facciamo la fugace conoscenza della madre dei fratelli Winchester, schiacciata e trafitta al soffitto da una forza demoniaca, dopo aver messo a culla il piccolo Sam; segue casa dei Winchester incendiata con il resto della famiglia miracolosamente messo in salvo. Non sto facendo spoiler perché siamo solo al prologo.

I ragazzi crescono e la serie parte con Sam e Dean adulti alla ricerca del padre, cacciatore di entità soprannaturali ostili, scomparso senza lasciare traccia.

I due fratelli sono anch’essi cacciatori di tutto quanto offre l’immaginario sul genere: esseri malvagi, demoni, divinità pagane che riemergono dal passato, vampiri, spiriti, possessioni diaboliche che dovranno essere neutralizzati, ecc.

Gli episodi sono in genere autoconclusivi benché la metastoria, come nelle serie che si rispettino, costituisce il fil rouge che di fatto è il maggior centro di interesse: la ricerca del padre ma soprattutto la distruzione del demone che uccise la madre dei due fratelli.

Ora, per essere molto chiari, Supernatural non è da prendere troppo sul serio per tante ragioni. La prima è che non è nella volontà degli autori realizzare un serial realistico, dato che considerando la materia già borderline del paranormale, tanta è la confusione o, per meglio dire, il sincretismo adoperato.

Divinità pagane coesistono infatti, assieme a demoni, acque santiere, accorgimenti e superstizioni varie, spiritismo, occultismo e possessioni. Gli autori sanno pescare a piene mani fra tutte le credenze che le diverse civiltà e culture susseguitesi sulla faccia della terra negli ultimi cinquemila anni hanno potuto esprimere. Nel contempo vengono anche scimmiottate pratiche ben più serie, come l’esorcismo, ad esempio, benché effettuato in modo grossolano. Sam e Dean procedono avendo come costante riferimento un quaderno di appunti del padre su cui sono annotate, leggende, località, nomi di persone che potranno essere di aiuto nella lotta contro le entità del male.

L’intento è di intrattenere e divertire e la ricerca di evasione avviene soprattutto attraverso i dialoghi fra Sam e Dean che alternano momenti drammatici a situazioni fra il grottesco e l’ironico, soprattutto da parte di Dean che fra i due fratelli appare il più determinato e il più originale. L’interpretazione che Jensen Ackles, attore, regista e cantante, ne dà è senz’altro ben riuscita. Serve a sdrammatizzare e a alleggerire la tensione, che sembra essere una preoccupazione costante dell’autore, Eric Kripke.

Detto questo, la cosa che mi meraviglia è come una serie, partita nel 2005, che nelle intenzioni di Kripke doveva concludersi alla quinta stagione, in realtà sia sopravvissuta per altre dieci, concludendosi alla quindicesima. Nel frattempo, Supernatural è diventato un vero e proprio fenomeno cult. Periodicamente vengono organizzate Convention dei fans negli Stati Uniti e in Europa e attorno alla serie si è sviluppato un mercato di gadget che non accenna a diminuire.

Eric Kripke ci aiuta forse a capire un po’ di più da dove nasce la passione per Supernatural. In una intervista ha affermato di essere sempre stato attratto dalle cosiddette urban legend. Un fenomeno tipicamente americano. https://en.wikipedia.org/wiki/List_of_urban_legends. La formula utilizzata per presentarle è quella collaudata del road movie attraverso gli States percorsi dai fratelli Winchester a bordo di un datata Impala.

Esse possono definirsi un genere moderno di miti o racconti di folklore: storie di fantasia associate al macabro, alle superstizioni, e ad altri elementi narrativi che generano paura. Le leggende metropolitane sono spesso radicate nella storia locale e nella cultura popolare e combinano paure ancestrali, credenze religiose, contaminazioni con il paganesimo dei nativi, il voodoo, dando vita a un impasto incredibile che in fin dei conti tende a banalizzare il sacro, non facendo distinzione fra tutti gli elementi in gioco. Sicché preghiere, talismani, acque sante, crocifissi, cerchi magici, formule recitate in latino più o meno maccheronico, simboli di ogni tipo pescati qua e là dalle tradizioni religiose del pianeta, vengono ad avere la stessa funzione e credibilità.

Quindi la mia principale reazione alla serie è al momento di forte perplessità.

Forse esagero, forse non è il caso di chiedere tanto a uno spettacolo fatto per divertire, forse. Vedremo come evolverà la seconda stagione e come gli autori saranno riusciti a riprendere il discorso dopo il finale shock dell’ultimo episodio della prima stagione.

Tecnicamente va riconosciuto che siamo di fronte a uno show ben riuscito, con effetti speciali ben fatti.

Ottima anche in questo caso la colonna sonora composta essenzialmente da vecchi successi rock.

Per il resto giudizio sospeso (to be continued)




SECONDA STAGIONE


Immaginiamo che uno scrittore voglia oggi cimentarsi nella creazione di un poema epico.
Certamente non si esprimerebbe in esametri dattilici ma con buona probabilità ricorrerebbe alla modalità di una serie tv.

Partendo da questa ipotesi avremmo la chiave interpretativa di Supernatural: un poema epico moderno in cui trovano spazio leggende metropolitane, mitologia precolombiana, sincretismo interreligioso, neopaganesimo di ritorno con una spruzzatina di new age.

In altre parole, un gran minestrone in cui è lecito tutto. È questo lo si era già capito già all'inizio.
Ma vista la seconda stagione, il problema appare essere un altro. In tutte le opere di fantasia vige il principio della sospensione dell’incredulità, o sospensione del dubbio che consiste nella volontà, da parte del lettore o dello spettatore, di sospendere le proprie facoltà critiche allo scopo di ignorare le incongruenze secondarie e immergersi acriticamente nel racconto o nella visione.

Il fatto è che questo principio viene messo a dura prova dalla coppia fratelli Winchester.
Gli autori si pongono infatti molto spesso il problema, ma non lo risolvono. Paradossalmente sono proprio i dettagli non sovrannaturali ad essere poco curati. Come Dean e Sam riescano a camuffarsi facendosi passare, di volta i volta, per agenti Fbi, giornalisti, medici, eccetera; come Dean riesca a sfuggire alla polizia nonostante la sua implicazione in molti delitti; il fatto che i due protagonisti non abbiano un ufficio e che siano sempre pronti, informati, organizzati su tutto; come riescano a far fronte alle spese, dal momento che lavorano a tempo pieno alla loro missione.

Insomma, tutto questo rende la situazione, non dico poco credibile, perché nulla di tutto quanto si vede lo è, ma almeno sostenibile, dati i presupposti.

Per il resto gli episodi scorrono via e si fanno vedere. Un poco irritanti i battibecchi fra i due Winchester, sempre ben caratterizzati i personaggi principali, ma anche quelli secondari.
Da notare l’apparizione di Tricia Helfer, ex Battlestar Galactica in uno degli episodi migliori di questa seconda serie, quello dei due fantasmi.

E, fra gli autori degli episodi, merita un plauso Raelle Tucker che ha scritto l’episodio venti, a mio avviso forse il meglio riuscito di questa seconda stagione.

Notevoli anche i due episodi finali di stagione, anche se avrei preferito l’interruzione di stagione all’episodio ventuno. 

Intanto la terza stagione è già a buon punto e quindi fra un po' ne riparleremo


TERZA STAGIONE

E siamo arrivati alla terza 'stagione, di soli 16 episodi.

Nel confermare i commenti precedenti relativi alle precedenti due, vediamo cosa c’è di nuovo in questa, in cui la metastoria incomincia a svolgere una funzione attrattiva più importante.

Pur evitando di spoilerare, alcune cose vanno dette.

La conclusione della seconda stagione era stata piuttosto scioccante per i fratelli Winchester e l’intera terza stagione è spesa per riparare una sorta di patto demoniaco che potrebbe rivelarsi esiziale; insomma, una cosa che i due fratelli devono assolutamente evitare.

Gli episodi sono mediamente carini, in particolare segnalo il decimo, 'Dream a little dream of me' e l’undicesimo, 'Mistery Spot': si tratta di episodi che richiamano film famosi ma rielaborati in modo assai originale dagli autori: rispettivamente Sera Gamble & Cathryn Humphris (10)  e Jeremy Carver & Emily McLaughlin (11); oltre al sedicesimo di fine stagione, 'No Rest for the Wicked' dello stesso Eric Kripke nel quale, ancora una volta, si avrà la sensazione di assistere a un epilogo senza ritorno… è proprio il caso di dirlo.

In questa stagione si farà conoscenza con tre personaggi ricorrenti che molto probabilmente ci ritroveremo successivamente. Il primo è Bela, una giovane ladra senza scrupoli di oggetti molto particolari; il secondo è Ruby, una demone che si alleerà ai Winchester; la terza è Lilith, altro demone di categoria superiore, assai importante nella vicenda del patto di cui sopra, ma che non comparirà quasi mai assieme ai due fratelli. Bela e Ruby invece sì, con dialoghi frizzanti e molto ironici.

Last but not least, da non tralasciare la presenza fondamentale di Bobby, l’amico cacciatore di entità malvagie di papà Winchester.

Diciamo che avendo visto le prime due stagioni non ci sono validi motivi per non continuare la visione della serie, ed è quello che ho fatto io.

Arrivederci, dunque, alla prossima recensione di stagione.


QUARTA STAGIONE



L'angelo Castiel


Ed eccoci alla quarta stagione e questa volta, lo dico subito, farò un minimo di spoiler.

In questa stagione assistiamo al sopravvento della metastoria nella quale sempre più riescono a inglobarsi i singoli episodi, oramai integrati in modo più coerente rispetto alle stagioni precedenti. 

Compare una nuova categoria di esseri soprannaturali in antagonismo con i demoni: gli angeli.

Sam subisce una evoluzione ed entra in conflitto con Dean, entrambi crederanno di fare la cosa giusta obbedendo al proprio istinto (Sam) e alla ragione (Dean).

Il demone Ruby svolgerà un ruolo di primo piano proprio in relazione al cambiamento di Sam il quale si renderà conto della sua diversità che lo porterà a incomprensioni con il fratello.  Una diversità, rispetto a Dean, molto importante che lo collega in qualche modo agli esseri demoniaci, che restano le entità maligne da combattere.

Va detto che le figure degli angeli hanno ben poco di “angelico”, il loro obiettivo è contrastare i demoni ma i loro metodi sono praticamente gli stessi. Anch’essi prendono possesso delle loro “vittime” e sembrano accettare pienamente la filosofia del fine che giustifica i mezzi.

Ci sono, nella quarta stagione, due aspetti che considererei separatamente.

Il primo riguarda i singoli episodi, le storie, gli attori, il ritmo. In questo, la serie procede in modo coinvolgente, efficace e tecnicamente apprezzabile.  Ci sono idee geniali, un esempio è l’episodio 18 in cui, fra l’altro, compare un nuovo personaggio di una certa importanza: il Profeta.

Il secondo aspetto riguarda il corredo mitologico complessivo ed è la cosa che mi ha lasciato perplesso più di ogni altra, e attiene proprio all’introduzione degli angeli, l’accenno al Paradiso e a Dio. In tutta sincerità un paio di battute di Dean nei confronti dell’angelo Castiel mi sono parse sull’orlo della blasfemia. Il che mi porta a considerare quali effetti Supernatural possa avere sul grande pubblico, sempre più digiuno di informazioni religiose, al punto da considerare “vere” o per lo meno plausibili gran parte delle forzature teologiche (chiamiamole così) introdotte dagli autori.

A mio avviso si tratta della critica più consistente che si possa portare al serial: troppo fantasy per essere vero, al tempo stesso troppo reale per trasferire nello spettatore quel senso di distacco e di partecipazione a un universo fittizio che è l’elemento portante del genere fantasy. Ma so che su questo non tutti la vedranno allo stesso modo.

La stagione riprende proprio laddove la precedente si era conclusa in modo drammatico e irrimediabilmente senza ritorno per uno dei fratelli Winchester. Ma ormai l’abbiamo capito, in Supernatural mai dire mai, e quindi riecco il fratellino risorgere magicamente e ritornare in scena.

Dean e Sam intendono eliminare il demone Lilith, già incontrato precedentemente, dal quale dipenderebbe il ritorno di Lucifero, cosa che si vuole a tutti i costi evitare. Ma la stagione si conclude con un’altra resurrezione, quella dello stesso Lucifero che metterà a soqquadro la stagione successiva, la cinque, di cui ho appena visto i primi due episodi. Ne parleremo a suo tempo.


QUINTA STAGIONE


Il demone Crowley interpretato da Mark Sheppard 


La quinta stagione doveva essere conclusiva anche se, soprattutto verso gli ultimi episodi, ho avuto l’impressione che gli autori avessero già chiaro che sarebbe continuata, forse però non immaginando, nemmeno loro, un prolungamento per altre dieci.

Lucifero si risveglia e ha inizio l'Apocalisse. Egli, come tutti gli angeli, ha bisogno di un corpo umano in cui vivere e trova il suo tramite in un uomo desideroso di vendetta, al quale è stata uccisa la famiglia.

Gli angeli sperano nella discesa in campo dell'arcangelo Michele, colui che scacciò Lucifero dal Paradiso. Successivamente viene rivelato che nella guerra a venire Sam e Dean sono destinati a essere il tramite rispettivamente di Lucifero e di Michele, ma nessuno dei due è disposto ad accettare tale responsabilità.

La stagione è dunque incentrata su come evitare l’Apocalisse e rispedire Lucifero all’inferno. Ma le cose non sono semplici e sorgono ancora divisioni fra i fratelli Winchester, tali addirittura da spingerli a separarsi per un paio di episodi. 

Parallelamente, le forze del “Bene?”, rappresentate da angeli e arcangeli, si contrappongono a quelle del Male mettendo in campo tutte le loro risorse.

I fratelli Winchester saranno chiamati a schierarsi, loro malgrado, a sostegno delle forze angeliche (Dean) e di Lucifero (Sam) nonostante l’obiettivo sia comune, vale a dire quello di disinnescare l’Apocalisse avviata da Lucifero.

Sotto l’aspetto mitologico o teologico (ma è una parola enorme per Supernatural) la serie sembra imboccare con maggiore convinzione un percorso di tipo biblico pur senza abbandonare virate improvvise verso il paganesimo o la mitologia nordica o il sincretismo panreligioso, come nello strano episodio 19 nel quale  le divinità pagane, stanche di essere messe in disparte, hanno nostalgia degli antichi fasti e pensano che l'unico modo per tornare alla normalità sia uccidere Lucifero e l’arcangelo Michele.

In questo senso vanno sottolineati alcuni aspetti che mi sono parsi poco convincenti, ma che mi sembrano importanti per l’interpretazione complessiva della serie. Ossia, quale sia il disegno ispiratore dell’ideatore di Supernatural, Kripke.

Se da una parte gli inferi e i demoni continuano a costituire un riferimento portante, la stessa cosa non si può dire pienamente per quanto riguarda angeli e paradiso. Inferno e demoni sono sì in contrasto con angeli e paradiso, tuttavia la visione dell’universo metafisico di Kripke risulta confusa. Il Bene in contrasto al Male? Non sembrerebbe. Kripke sembra preferire una contrapposizione soltanto guerreggiata, priva di qualsiasi connotazione etica. Ne discende una conflittualità ambigua che permea tutto l’universo fantasy e solo la contrapposizione fra Dean e Sam, in questa stagione evidente più che mai, riesce a alimentare la suspence per tutti i ventidue episodi. A meno che, e qui introduco un’interpretazione ardita, Kripke non voglia dimostrare che è proprio l’assenza di Dio a causare la degenerazione di angeli e del paradiso, che anch’essi risulterebbero vittime del caos, come se improvvisamente Dio si fosse stancato, o annoiato, delle sue creature.

Nel frattempo, la fantasia degli autori si scatena con amuleti, oli santi che bruciano anche gli angeli (sic), simbologie magiche, cerchi infuocati, accenni alla morte di Dio, ma anche repentine resurrezioni di personaggi dati per annientati, perché in Supernatural nessuno o quasi muore per davvero, e un inimmaginabile repertorio di trovate che poco hanno a che vedere con i sacri testi. Ma evidentemente questa chiave di lettura non è al centro dei pensieri di Kripke, il quale, consapevole, sembra giocare con i vari personaggi, codificati da millenni di devozione religiosa, estraendoli di volta in volta a caso dal cassetto, come fanno i bambini con i loro soldatini, e facendo loro svolgere i ruoli più improbabili, alla stregua di personaggi che hanno smarrito il loro autentico autore.

Nella serie emergono nuovi personaggi, più o meno riusciti. Quello più interessante è il nuovo demone Crowley, che aveva fatto capolino già alla fine della quarta stagione. Qui esercita un ruolo importante, e senza dubbio meglio caratterizzato, rispetto all’altalenante angelo Castiel che però riesce ad apparire risolutivo in un paio di circostanze, e in diverse circostanze anche piuttosto divertente (o irritante, a seconda dei punti di vista).

Un personaggio shock è Adam, ovverossia il terzo fratello, segreto, di Dean e Sam. Anche Adam si ritroverà a esercitare un ruolo importante.

Altri riferimenti biblici sono i Cavalieri dell’Apocalisse (a Kripke non sfugge nulla) con i loro relativi sigilli, necessari per sconfiggere Lucifero. In questo caso Kripke pesca dall’Apocalisse di san Giovanni, ma ancor più dalle interpretazioni discordanti dei quattro Cavalieri circa la loro identità e ruoli, che si trascinano a partire dall’epoca medievale. La personificazione dei Cavalieri è senz’altro uno sforzo coraggioso. certamente meglio riuscita di quella dei due arcangeli Gabriele e Michele, deludente e prevalentemente fumettistica.

E finalmente in questa stagione il colpo di genio. Si ricorderà la scena iniziale del primo episodio (stagione 1) in cui Mary, la mamma di Sam e Dean, viene annientata da quello che successivamente sarà identificato con il demone Azazel, figlio di Lucifero. Ebbene, mi ero chiesto per tutte le precedenti stagioni quale fosse la ratio di tutto ciò, ed eccomi accontentato nell’episodio 13 nel quale si apprende che Mary era, ancor prima che Sam e Dean nascessero, una cacciatrice di entità oscure.

Da segnalare, come al solito, episodi dalle trovate esilaranti, che costituiscono citazioni di grandi successi cinematografici, come ad esempio Ritorno al futuro e il Curioso caso di Benjamin Button. Questi episodi-inserzioni contribuiscono ad alleviare la suspence di una metastoria sempre più coinvolgente, ma dalla quale si sente il bisogno di staccare di tanto in tanto, fornendo nel contempo dettagli e curiosità importanti per il seguito della serie.

Due parole, per concludere, riguardo il finale. In realtà i finali sono due. Il finale A con Dean che sembra trovare la pace con se stesso; e il finale B (ultima inquadratura di pochi secondi) con l’apparizione a sorpresa di Sam che sembra rimettere tutto in discussione. Si può sostenere che i due finali si completino a vicenda, la serie non avrebbe retto solo con un finale. Ed è chiaro che più che un finale di serie si tratta di un finale di stagione. Cosa che in effetti è.

Ed è tutto. Per me il discorso finisce qui. Non ci saranno altre recensioni di stagione. Chi è rimasto incuriosito da queste recensioni potrà decidere se iniziare o continuare la visione, disponibile su Prime.

Considerazioni, apprezzamenti, dubbi e quant’altro, sono sempre graditi. 

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