L'assassinio del Commendatore- Libro primo: Idee che affiorano


Non bisogna lasciarsi trarre del tutto in inganno dal titolo. Quest’ultimo romanzo di Murakami Haruki non è un vero e proprio giallo, per lo meno non secondo i classici canoni del giallo, questo va detto perché è importante. Tuttavia, il racconto si sviluppa attorno alla rappresentazione di un delitto, reale oppure no, metaforico o allusivo di qualcosa di più nascosto, tutto da scoprire. No, questo L’assassinio del Commendatore, libro primo Idee che affiorano, è un romanzo assai raffinato, colto, ricco di citazioni, come è solito fare Murakami, non solo musicali, ma stavolta anche pittoriche e rievocazioni storiche che si collocano in una lontana Vienna ai tempi dell’Anschluss. E’a suo modo un libro formativo, in cui saremo edotti sulle peculiarità della corrente Nihonga della tradizione pittorica nipponica. Un romanzo assai giapponese, ma anche qui non del tutto, solo in parte, e  infatti, si può anche dire che il romanzo sia, in parte, assai giapponese.
Condensata nel titolo, anch’essa una citazione, ma lo scoprirete leggendolo di che si tratta, ci sta tutta la vicenda. Qui il tema centrale pare, dico pare, in quanto occorre pur sempre mantenere alta la soglia del dubbio, pare dunque essere il rapporto fra reale e irreale, fra realtà e irrealtà. Aspetti, se vogliamo, già presenti in altre opere di Murakami, ma in questo caso portati al parossismo.
Il protagonista della vicenda è un pittore, ritrattista sopraffino in crisi di identità artistica che, grazie alla sua arte, sa trarre dai visi che ritrae, l’essenza delle persone conferendo alle opere una forza sorprendente e quasi irreale, e reale al tempo stesso in quanto rivelatrice della profondità dell’animo della persona ritratta. Quindi il protagonista è un tramite, una sorta di medium fra realtà e irrealtà. Ma forse questa sua qualità è in trasformazione anche grazie alla maestria di un altro pittore la cui opera è il quadro che dà titolo al romanzo. Avete dunque compreso come L’ assassinio del Commendatore sia in definitiva un quadro. Tutto qui? No, è anche molto di più e per comprenderlo a pieno occorrerebbe aver ascoltato o almeno sbirciato su Google quella famosa opera di Mozart nella quale un Commendatore è un personaggio importante. Naturalmente nel romanzo c’è dell’altro. Ad esempio, l’esistenza di una pratica buddista, il nyūjō, assai particolare, secondo la quale è possibile raggiungere il nirvana semplicemente facendosi seppellire da vivi muniti di una semplice campanella, non senza aver prima preparato il proprio corpo in modo che la morte non lo decomponga, ma lo mummifichi.  Interessante eh? e anche questo diventerà un aspetto importante nell’evolversi della storia. Ma c’è dell’altro. Murakami non ci risparmia la vicenda della separazione dalla moglie, già accennata in altre sue opere, ci regala soavi finezze con il suo irresistibile umorismo malinconico, i suoi  sorprendenti accostamenti e digressioni su aspetti apparentemente secondari, ma densi di significato. Non mancano i piaceri del sesso ai quali lo scrittore giapponese ci ha abituati, che apprenderemo essere più facili da descrivere rispetto al gusto di piatti prelibati, forse un tantino meno espliciti che in altri suoi romanzi, ma altrettanto trasgressivi. Ma Murakami ci regala soprattutto l’incursione nel mondo reale dell’assurdo, sorprendente e surreale. Non più universi paralleli come in 1Q84 bensì l’incarnazione(?) di un’ “idea” che dal sovrannaturale o, se preferiamo, dal fantastico riemerge assumendo caratteristiche di fisicità, visibili e relazionali. D’altra parte, i soliti Mozart/Da Ponte lo avevano già immaginato e scritto 231 fa, facendo riemergere dal mondo dei morti, con l’espediente di un banale invito a cena, un Commendatore defunto per mano di un assassino.
Nel frattempo è uscito il libro secondo. Alla prossima, dunque.

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