Crisi finanziara Eurozona: stato dell'arte con modesta proposta

Quando si trattava di aderire all’Euro ampi strati dell’opinione pubblica italiana erano favorevoli in quanto, vista l’incapacità della politica nazionale, ci avrebbe pensato Bruxelles a mettere ordine nei conti italiani. Ricordate? Lo stanno facendo.
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L’Italia ha accumulato negli anni circa duemila miliardi di Euro di debito pubblico. Questi soldi servono per sostenere il fabbisogno della gestione corrente della pubblica amministrazione. Senza il debito pubblico che si esprime in titoli del cosiddetto debito sovrano (bot, cct, ecc a scadenze diverse nel tempo) lo Stato italiano fallirebbe in pochi giorni o ore.
Perché lo Stato non può permettersi di fallire? Perché fallendo non avrebbe le risorse per pagare stipendi, pensioni, forniture, mutui sugli investimenti delle  opere pubbliche, ecc. : i cittadini a poco a poco non avrebbero più denaro da spendere per acquistare beni e servizi; anche chi non lavora nello Stato subirebbe danno in quanto sarebbe costretto a fare a meno di un volume di liquidità in circolazione pari al valore del debito dello Stato.  A poco a poco anche i privati fallirebbero.
In passato il debito era alimentato con l’emissione di carta moneta da parte della Banca d’Italia. Più fabbisogno più moneta circolante, più moneta circolante poteva consentire di pagare costi più elevati di produzione, più costi era come dire prezzi più elevati, più stipendi e più inflazione.
Oggi non è più possibile stampare moneta perché questa prerogativa è della Banca centrale europea che opera secondo regole diverse, le stesse che hanno reso possibile l’ingresso dell’Italia nell’area Euro e che in parte risalgono al trattato di Maastricht che diede vita all’Unione Europea nell’ormai lontano 9 dicembre 1991.
Rapporto Deficit/PIL = 3%
Rapporto debito/PIL = 60% (Belgio e Italia furono in un primo tempo esentati)
Tasso d’inflazione = 1,5% dei tre paesi con migliori performance di inflazione
Tasso d'interesse a lungo termine non superiore al 2% del tasso medio degli stessi tre Paesi
Successivamente i parametri subirono un aggiustamento meno rigoroso e più attento alla tendenza di un paese ad adeguarsi ai parametri stessi i quali divennero i requisiti per rimanere nella zona Euro.
1.       Stabilità dei prezzi: l'inflazione dei prezzi al consumo non deve superare dell'1,5% la media dei tre Paesi ad inflazione più bassa.
2.       Sostenibilità della posizione finanziaria pubblica: il Paese non deve avere un disavanzo giudicato "eccessivo". Il giudizio si basa sui seguenti parametri:
- il rapporto tra il Deficit pubblico (differenza tra le entrate e uscite) e il Prodotto interno lordo (PIL) non deve superare la soglia del 3%, a meno che il rapporto non sia diminuito in maniera sostanziale e continua e abbia raggiunto un livello che si avvicina alla soglia, oppure il superamento della soglia sia solo eccezionale e temporaneo e il rapporto resti vicino alla soglia stessa;
- il rapporto tra il Debito pubblico e il Prodotto interno lordo non deve superare la soglia del 60%, a meno che il rapporto non si stia riducendo in misura sufficiente e non si avvicini alla soglia con ritmo adeguato.
3.       Stabilità del cambio: il Paese deve rispettare i normali margini di fluttuazione degli Accordi europei di cambio del Sistema monetario europeo (SME) senza gravi tensioni per almeno due anni prima dell'esame e non deve avere svalutato di sua iniziativa la propria valuta nell'ambito dell'accordo di cambio dello SME.
4.       Tassi d'interesse bassi che riflettano l'aspettativa di una durevole convergenza: nella media dell'anno prima dell'esame, il tasso nominale a lungo termine non deve superare di oltre il 2% la media del tasso di interesse dei tre Paesi più virtuosi in materia di inflazione.
Le regole di Maastricht non sono state imposte dall’Europa, sono state approvate in sede europea da capi di stato e recepite nei diversi ordinamenti dai parlamenti nazionali.  Le regole continuano ad essere quelle, non dovrebbe essere più possibile tornare indietro, anche se potrebbero essere modificate con il consenso degli stati membri  Queste regole hanno condotto alla istituzione della moneta comune, l’Euro.  I rapporti di Maastricht sono da intendere come limiti massimi, meglio sarebbe che gli stati membri si stabilizzassero sotto i limiti perché in caso di difficoltà finanziaria ci sarebbero margini di recupero. E’ un po’ come avere un’auto che è appena in grado di marciare in pianura, ma se la strada comincia a salire comincia ad arrancare.
Se si osservano i trend dei rapporti deficit/Pil e debito/Pil (si vedano le tabelle Eurostat nella sitografia in fondo all’articolo) il nostro paese, dopo l’ingresso nell’Euro, al pari di altri paesi, non è ancora rientrato nei parametri di Maastricht.
Ma occupiamoci ora delle conseguenze di queste regole.
L’Unione Europea è un’Unione di Stati sovrani che intendono far “convergere” le rispettive politiche al fine di conseguire obiettivi comuni. Come si ricorderà l’Agenda di Lisbona del 2000 poneva l’Europa al centro della crescita mondiale per quanto riguarda la conoscenza.  Già allora era chiaro come, per mantenere un ruolo egemone a livello mondiale, l’Europa fosse chiamata a fare uno sforzo colossale nel campo dell’informazione, della ricerca scientifica e tecnologica, dell’istruzione. L’Europa sarebbe dovuta diventare un polo di eccellenza e di attrazione, più forte del resto delle economie del mondo. Questo obiettivo era determinato dallo scenario globalizzato che vedeva, come vede, la collocazione di parti sempre più importanti della produzione industriale nei paesi  terzi in rapido sviluppo: Cina, India, Brasile, ecc., ma con il cervello pensante ancorato alla vecchia Europa.
Senza questa riconversione epocale in termini di sviluppo della conoscenza la crisi europea sarebbe sopraggiunta. Purtroppo l’esplosione della crisi finanziaria mondiale, propagatasi  negli Stati Uniti e poi in Europa, ha innescato un processo di stasi. L’Europa ha visto declinare gli obiettivi di Lisbona, la crisi economica ha incominciato a proiettarsi su quei paesi membri che non potevano destinare quote del loro Pil per sostenere lo sviluppo interno. Perché non lo potevano fare? Perché ampie quote del loro PIL vengono aspirate dal pagamento degli interessi sul debito pubblico! Fra questi paesi quelli che hanno sofferto di più sono stati ovviamente quelli con un debito sovrano più elevato. In altre parole se per pagare gli interessi del debito devo destinare una quota crescente di risorse, queste risorse non potranno essere utilizzate per costruire la Tav, i  gasificatori, il ponte sullo stretto,  il Mose di Venezia, per curare l’assetto idrogeologico del paese, per investire nelle energie alternative, per  il web a banda larga, ecc. in quanto le risorse dovranno essere indirizzate in primo luogo per rimunerare chi ha investito nel debito italiano: risparmiatori, banche nazionali, banche estere, la Bce, ecc.
Oltretutto il debito non è  il peggiore spauracchio, esiste anche il deficit. Il deficit è il disavanzo fra Pil e fabbisogno; nonostante un debito elevatissimo infatti possiamo impegnare risorse in misura maggiore della disponibilità, sicché oltre al debito può esserci il deficit di spesa, è come se dopo aver pagato le rate di un mutuo ci si accorgesse che è necessario fare nuovi debiti per ripagare i debiti precedenti. Questa situazione genera sempre più squilibrio economico.
In questo quadro le famose regole di austerità europee sono una conseguenza. Da una parte si dice: per uscire dalla crisi dovete mettervi nella condizione di avere un debito più basso, dovete rientrare il più possibile e per farlo avete a disposizione dei benchmark, vale a dire dei traguardi da raggiungere e mantenere. Si tratta delle famose percentuali fra debito e Pil fra deficit e Pil che gli Stati della fascia Euro devono rispettare. In caso contrario le divergenze economiche diventerebbero troppo forti  e la moneta europea non sarebbe più stabile con danno di tutti.
Fra le tante regole esiste anche quella che limita la spesa pubblica. Il concetto è chiaro: solo controllando la spesa pubblica un paese potrà porre le condizioni per rientrare dal debito, viceversa senza controllo sarà più probabile continuare la tendenza contraria dell’ampliamento del debito. Tuttavia l’Unione europea non dice ai singoli Stati come fare per realizzare l’obiettivo di limitare la spesa. Ogni Stato è libero di applicare regole interne. In Italia, a causa del proliferare di enti locali autonomi, è particolarmente complicato farlo, sicché si sono posti vincoli rigidi di spesa periodici uguali per tutti. Addirittura in alcuni casi, per rispettare il cosiddetto “Patto di stabilità“, sono state  bloccate spese che nulla avevano a che vedere con le risorse proprie dello Stato, come ad esempio i trasferimenti europei che da Bruxelles vanno al Tesoro italiano e distribuiti a Regioni e Province. Non essendo in grado di discernere fra tipo di spesa vale il principio delle uscite di cassa, oltre ad una certa soglia la spesa si blocca e chi ne soffre sono tutti quelli che di quei denari vivono (es: le imprese che hanno fornito beni e servizi alla pubblica amministrazione).
Ma il patto di stabilità non sta risolvendo il problema del debito.  Questi obiettivi sono attualmente impossibili da realizzare da parte di alcuni paesi. La Grecia per farlo ha bisogno di altri soldi che l’Unione europea ha concesso allo Stato greco, come pure la Spagna. L’Italia vorrebbe poter rientrare dal debito con le proprie risorse, ma si scontra con il fatto che per evitare la crescita del fabbisogno lo Stato ha dovuto chiedere soldi ai cittadini, la pressione fiscale è aumentata a dismisura, per fare in fretta non è stato possibile operare in modo giusto ed equo. Questa situazione in Italia sta deprimendo le iniziative, l’umore generale dei cittadini e la stessa volontà di reazione, causando un triste fenomeno di vera e propria ignavia sociale.
Cosa si fa quando non si riesce a sanare la situazione debitoria? Visto che non si possono non pagare i debiti possono essere trasferiti: una modalità di trasferimento del debito consiste nel ritardare i pagamenti, in questo caso l’onere degli interessi sul debito vengono trasferiti sui creditori in attesa di più generose  disponibilità del debitore. Oppure si potrebbe non pagare certe prestazioni come gli affitti o le bollette della luce, oppure, oppure … e qui si impantanano tutti i governi. Vendere i beni pubblici per fare cassa e ripianare il debito? vendere l’oro della Banca d’Italia? licenziare pubblici dipendenti? diminuire le spese militari? aumentare le tasse sul patrimonio?
Le opzioni non mancano e pur nei limiti di margini di manovra circoscritti (ad esempio le regole europee vietano gli aiuti di stato alle imprese) le scelte riguardano la sfera della politica, per questo vale ancora la pena esprimere un voto alle prossime elezioni!

I RECENTI SVILUPPI

Recentemente l’Unione europea ha dato vita ad un meccanismo complesso che confluirà presto nel cosiddetto MES (Meccanismo europeo di stabilità) o ESM per aiutare gli stati membri in crisi finanziaria; con esso si dovrebbe arginare l’azione speculativa contro i debiti sovrani. Attualmente si parla ancora di Fondo europeo di stabilità finanziaria (EFSF), creato dagli Stati membri dell'area dell'euro a seguito delle decisioni adottate il 9 maggio 2010 nell'ambito del Consiglio Ecofin. Il mandato del EFSF è quello di salvaguardare la stabilità finanziaria in Europa, fornendo aiuti finanziari agli Stati membri dell'area dell'euro. EFSF è autorizzata ad utilizzare i seguenti strumenti legati adeguate condizioni:
·         Fornire prestiti ai paesi in difficoltà finanziarie
·         Intervenire nei mercati del debito primario e secondario. Intervento sul mercato secondario sarà solo sulla base di un'analisi della BCE riconoscendo l'esistenza di circostanze eccezionali dei mercati finanziari e dei rischi per la stabilità finanziaria
·         Agire sulla base di un programma di precauzione
·         Finanza ricapitalizzazioni degli istituti finanziari attraverso prestiti ai governi
Per adempiere la sua missione, l’ EFSF tratterà obbligazioni o altri strumenti di debito sui mercati dei capitali.
L’EFSF è sostenuta da un impegno di garanzia degli Stati membri dell'area dell'euro per un totale di 780.000.000.000 € ed ha una capacità di prestito di € 440 miliardi di euro.
All’EFSF è stato assegnato il rating migliore di Moody (Aaa) e AAA (Fitch Ratings). EFSF è stato assegnato un rating AA + da Standard & Poor. EFSF è una società registrata in Lussemburgo di proprietà di Stati membri dell'area dell'euro. E 'diretto da Klaus Regling, ex direttore generale per gli affari economici e finanziari della Commissione europea.
L’EFSF finanzia i propri prestiti emettendo titoli sul mercato. Questi titoli sono garantiti dai singoli governi, ma non godono di nessuna priorità di rimborso in caso di insolvenza del paese finanziato. Per le regole contabili vigenti in Europa i governi devono contabilizzare come parte del loro debito pubblico la quota del fondo salva-stati che garantiscono. Ogni volta che per salvare altri paesi europei si aumenta la dotazione del fondo, gli stessi paesi europei aumentano il loro debito pubblico e mettono a rischio se stessi. Questo spiega la resistenza della Germania.

UNA MODESTA PROPOSTA

Funzionerà? Difficile dirlo, ogni giorno sorgono nuove resistenze e le ondate speculative contro l’Euro non sembrano invertire la tendenza. Purtroppo si  è visto che più immissioni di denaro nel sistema finanziario producono sempre maggiore speculazione, è come se i fondi servissero a sostenere non lo stato in crisi bensì la bestia speculativa la quale si ingrandisce sempre più.  Da questo punto di vista le perplessità tedesche sono giustificabili, ciò che non è giustificabile però è l’assenza di proposte alternative al fondo salva stati provenienti da paesi cosiddetti virtuosi.
E allora che fare? E qui veniamo alla nostra modestissima proposta. Anziché finanziare il debito perché l’Europa non prova a finanziare direttamente lo sviluppo? Si potrebbe creare un’agenzia europea, a partecipazione degli Stati membri, il cui mandato sarebbe proprio di investire direttamente negli stati costruendo opere pubbliche, ma anche imprese che avrebbero la connotazione di essere imprese pubbliche garantite dall’Unione europea. Senza elargire soldi agli Stati o alle banche in crisi l’Agenzia metterebbe in moto un meccanismo virtuoso di investimenti, assunzioni di personale, profitti, che si reinvestirebbero nelle economie dei paesi in crisi debitoria.  In pratica il sistema potrebbe essere simile a quello escogitato dopo la seconda guerra mondiale in Italia e che diede vita all’IRI.  Non ci sarebbe perdita di sovranità dei paesi deficitari in quanto gli obiettivi da realizzare dovrebbero essere concordati con i governi di quei paesi.  Ma la gestione dell’impresa avverrebbe al di fuori delle competenze dello Stato ad opera di un’ Agenzia europea. I profitti delle opere realizzate sarebbero distribuiti fra gli Stati membri che li potrebbero utilizzare come contributo al ripianamento dei debiti sovrani.

 

Quote di partecipazione per stato membro del fondo salva-stati

Stato membro del MES
Percentuale di
contributo
Numero di
azioni
Sottoscrizione di capitale
(€)
PIL nominale 2010
(milioni di 
dollari)
Austria
2,7834%
194.838
19.483.800,000
376.841
Belgio
3,4771%
243.397
24.339.700,000
465.676
Cipro
0,1962%
13.734
1.373.400,000
22.752
Estonia
0,186%
13.020
1.302.000,000
19.220
Finlandia
1,7974%
125.818
12.581.800,000
239.232
Francia
20,3859%
1.427.013
142.701.300,000
2.582.527
Germania
27,1464%
1.900.248
190.024.800,000
3.315.643
Grecia
2,8167%
197.169
19.716.900,000
305.415
Irlanda
1,5922%
111.454
11.145.400,000
204.261
Italia
17,9137%
1.253.959
125.395.900,000
2.055.114
Lussemburgo
0,2504%
17.528
1.752.800,000
52.433
Malta
0,0731%
5.117
511.700,000
7.801
Paesi Bassi
5,717%
400.190
40.019.000,000
783.293
Portogallo
2,5092%
175.644
17.564.400,000
229.336
Slovacchia
0,824%
57.680
5.768.000,000
86.262
Slovenia
0,4276%
29.932
2.993.200,000
46.442
Spagna
11,9037%
833.259
83.325.900,000
1.409.946

(Fonte: Wikipedia)

Sitografia
·         Trend deficit/PIL:
·         Trend debito / PIL:

·         Il nuovo trattato MES


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