Perché Ial e Csea non esistono più, ovvero il sistema che non c'è.

Quando si affrontano i problemi molto spesso si commette l’errore di non saperli riconoscere.
Nel caso della formazione professionale piemontese, che ha visto la triste scomparsa di due fra i maggiori enti storici come Ial e Csea, nel volgere di pochi anni, l’errore potrebbe essere quello di imputare ai due enti le responsabilità del loro disastro. 
Come per la crisi dell’Eurozona abbiamo di fronte due enti spensierati che hanno dilapidato e mal gestito le loro fortune oppure un management distratto e, forse non del tutto competente, i cui comportamenti hanno solo anticipato una conclusione che era un po’ già nella logica delle cose? 
Per sgombrare il campo da ogni speculazione sia chiaro che non si intende assolutamente correre in difesa di quanti hanno avuto responsabilità gestionali se si sostiene che qui si condivide la seconda delle due opzioni. Vale a dire che la crisi di sistema era nel Dna del sistema stesso e che sarebbe stata ineluttabile e, se le pecche del sistema non vengono curate, ma dubito assai che lo saranno, visto come stanno andando le cose in Italia, ma non mettiamo limiti alla Provvidenza, presto o tardi assisteremo ad altre vittime, proprio come nel romanzo di Agatha Christie dei dieci piccoli indiani. 
Siamo addirittura a sostenere che una perversa logica delle cose abbia giocato quasi a giustificare oltre misura chi meritava di andare a casa molto prima che il disastro fosse maturo per scoppiare, a causa delle seguenti perversioni:

1. Il sistema di formazione professionale piemontese è un non-sistema. Non può infatti giustificarsi un sistema che dovendo esistere necessariamente ope lege, esso si basi quasi esclusivamente su fondi strutturali europei che, come noto, intervengono per sostenere e realizzare ciò che “istituzionalmente” non rientra nei mandati di sistema. Invece qui in Piemonte è il contrario, sicché se un domani i finanziamenti europei venissero a ridursi anche tutta l’ attività conseguentemente ne soffrirebbe. Un sistema di formazione deve esistere indipendentemente dai fondi strutturali. Quando i funzionari e i dirigenti regionali si riparano dietro le minori elargizioni europee si sappia che stanno cercando di sostenere un sistema fasullo.

2. Questo non-sistema ha espresso una massa di attività indiretta (si legga personale amministrativo di regioni, province, enti) che non scomparirebbe, a parte quello degli enti di formazione, nemmeno se i finanziamenti europei venissero a mancare del tutto. Questo aspetto è assai grave e conduce ad una situazione paradossale considerato che il famigerato art 21, nonostante Fornero, non si applica al personale degli enti pubblici, sicché tutta questa pletora di personale non potrebbe venire licenziata per sopraggiunte cause economiche.

3. Il sistema si basa sul rendiconto e non sulla gestione economica delle attività. Viene premiato chi rispetta il più possibile il preventivo delle attività, intese in senso quantitativo, numero di corsi, numero di allievi per corso e non in senso qualitativo: “ho risparmiato sul preventivo, ma ho realizzato corsi e i miei allievi hanno trovato lavoro”, ecc. No, questo non interessa, se hai speso meno ti tolgono i soldi. Controlli sull’efficacia non vengono mai effettuati (stendesi velo pietoso su cosiddetto follow up).

4. Gli enti nel rendicontare producono sfridi, vale a dire perdono una piccola o grande percentuale del finanziamento spettante in rivoli di spesa che talvolta non trovano copertura o non vengono riconosciuti dagli uffici regionali preposti ai controlli; talvolta vengono persi giustificativi, come succede ad esempio quando noi poveretti, nel preparare il 730, mettiamo assieme le spese della farmacia e ci accorgiamo di aver perso qualche ricevuta o non aver fatto passare il tesserino sanitario alla cassa. Questi sfridi sono fisiologici, è impossibile che tutto il 100% venga presentato al rendiconto e saldato, per non parlare degli errori materiali, che pure, purtroppo succedono.

5. Esistono poi alcune spese contestabili, non chiaramente eligibili, questo produce contenzioso, ritardi, ore di lavoro da parte di personale amministrativo, nel caso degli enti di formazione l'extra lavoro non viene riconosciuto. Alla fine il soggetto più forte è sempre quello che tiene i cordoni della borsa.

6. Il sistema paga in ritardo, è vero che le spese vengono anticipate al 90% subito, ma nella realtà questo subito dipende dalla solerzia delle otto province deliberanti, e poi da quella degli uffici pagatori; possono trascorrere mesi prima di poter incassare tutto; nel frattempo si passano le fatture al risconto bancario per la gioia delle banche che applicano interessi che riducono ulteriormente i margini economici delle attività.

7. I saldi delle annualità vengono inoltre chiusi con ulteriori ritardi sicché sarebbe interessante calcolare il mancato incasso dedotti gli effetti, valorizzati, di ritardi, sfridi, diminuzione di numeri attesi, errori materiali, penalizzazioni varie, ecc.

8. La Regione obbliga gli enti ad applicare un contratto di lavoro per i dipendenti talmente rigido che non è possibile operare in deroga a declaratorie professionali ultra parcellizzate: ad esempio, un capo del personale potrebbe contestare che un impiegato amministrativo possa lavorare in progettazione e che un progettista possa anche occuparsi di rendiconti, questo sulla base del contratto nazionale, quando nella realtà un project manager (figura che nel CCNL addirittura non esiste) dovrebbe avere il pieno controllo di tutto lo sviluppo di un progetto, dalle attività alla gestione contabile.

9. Il meccanismo del finanziamento a rendiconto ha contribuito a strutturare gli enti in senso antieconomico: poiché tutto quello che entra (o quasi tutto come abbiamo visto) deve essere speso, ergo tutta l’organizzazione si assesta su “quella” struttura di costi. Ma a quella struttura di costi il libero mercato, che sarebbe utile per aumentare i volumi di entrate, non risponde. Inoltre la forma mentis dei dirigenti degli enti di formazione non riesce a comprendere che la formazione in impresa, per essere venduta, deve avere caratteristiche diverse: essere just in time, occupare poco tempo, essere iper-specialistica. Se queste cose si realizzassero allora il formatore potrebbe anche essere remunerato di più, senza l’onere di costi amministrativi, in quanto le attività a mercato non devono essere rendicontate. Magari quello che si risparmia dalle spese di personale amministrativo può essere dato ai formatori. Ma occorrerebbe applicare ai formatori inquadramenti diversi da quelli previsti su CCNL della formazione, ammesso e non concesso poi che esistano davvero negli organici degli enti siffatti formatori iperspecializzati; ma potrebbero benissimo esserci se si conoscessero davvero i fabbisogni di “consulenza”delle imprese per quanto riguarda, ad esempio, anche il personale direttivo. Infatti se si considera cosa accade nel mondo reale succede che nelle imprese operano esperti che costano attorno alle 500-800 Euro a giornata, è vero che non lavorano 30 giorni all’anno a quelle tariffe, ma sicuramente riescono a coprire una nicchia di mercato specialistico importante.

10. Infine dal punto di vista strategico, gli enti della formazione tendono ad operare in un sistema territoriale chiuso, non fanno joint venture con analoghe strutture formative in Italia e all’estero, ma attenzione: non si tratta solo di partecipare a bandi europei, ma anche di affrontare il mercato in termini di business ricercando alleanze ad esempio per presentarsi in altri ambiti territoriale in Europa e oggi anche fuori dall’Europa. I progetti europei vengono considerati come costi improduttivi dalla maggior parte del management piemontese e, in assenza di linee strategiche sulle quali convergere, effettivamente, lo sono. Infine, i protocolli di intesa fra Regione Piemonte e altre regioni europee e extra europee restano per lo più lettera morta, mentre potrebbero invece costituire una risorsa importante per concretizzare azioni per quanto riguarda, fra le altre cose, anche la formazione. Ma per fare questo occorrerebbe che la Regione adottasse una logica di sistema al proprio interno, ma qui, mi rendo conto, siamo davvero oltre.

E per il momento può bastare.

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