Le quattro casalinghe di Tokio | Romanzo efferato di Natsuo Kirino


Dalla lettura de Le quattro casalinghe di Tokio (Neri Pozza, 2003) sorge spontaneo voler saperne di più su Natsuo Kirino, la settantaduenne autrice giapponese di Kanazawa, e trapiantata a Tokio. 
Fu probabilmente l’interesse per il crimine a portarla alla laurea in giurisprudenza nel 1974; dieci anni dopo intraprese la carriera di scrittrice dedicandosi al romance, un genere che però lei non amava particolarmente. 
Le cose si fecero più interessanti quando spostò l’interesse verso la scrittura di romanzi gialli e hard boiled.
L’hard boiled è un genere poliziesco non deduttivo che si contraddistingue per una rappresentazione realistica del crimine, con violenza e sesso come ingredienti particolarmente forti.
Ed eccoci così a comprendere meglio la genesi delle quattro casalinghe di Tokio, il libro che le diede la notorietà quando uscì ormai diversi anni or sono, nel 1997.

***

Il libro conferma la propensione dell’autrice verso gli aspetti psicologici del crimine, affrontando trame anticonvenzionali che hanno a dir poco scioccato il conservatore pubblico giapponese, non avvezzo ad accettare certi eccessi letterari quando a proporli è una donna. 

Basti dire che un conduttore radiofonico si rifiutò addirittura di parlare con lei perché un suo romanzo trattava il tema di un uomo assassinato dalla moglie, che è poi anche il caso del romanzo di cui stiamo parlando.

La bizzarria del crimine sembra infatti attrarre particolarmente Kirino. E come la maggior parte dei suoi romanzi anche quello delle quattro casalinghe è incentrato su donne criminali, per quanto in questo romanzo anche la componente criminale maschile giochi un ruolo di rilievo. 

Il romanzo è la storia di una degenerazione morale e progressiva di quattro operaie a una catena di montaggio di un’azienda alimentare dopo che una di esse ha ucciso il marito violento e dedito al gioco. 

Le protagoniste del romanzo sono donne povere, sfortunate, sfruttate, ma anche culturalmente succubi di stereotipi sociali, perennemente alla ricerca di un benessere che le circostanze della vita sistematicamente nega loro. Al tempo stesso queste donne sono forti, capaci di reagire in modo fuori dagli schemi, non accettando il ruolo debole che la società vorrebbe imporre.

La narrazione è realistica e convincente, fondata sull'abilità di immedesimare il lettore con queste donne, ma ciò che attrae maggiormente è la capacità dell’autrice di scandagliare la psicologia dei personaggi e mostrare come persone “normali” possano essere condotte alla scelta criminale e accettare o meno di farsi carico di conseguenze sconvolgenti. Lo stile di Kirino è  pulito, mai ridondante, fornisce soltanto i dettagli fondamentali alla comprensione della storia e del contesto in cui si sviluppa, dedicando invece maggiore spazio ai momenti di introspezione psicologica e all’alternanza della centralità di volta in volta dei vari personaggi all’interno della trama

Kirino ha affermato di essere affascinata dalla natura umana e da ciò che trasforma una persona dalla fedina penale immacolata in un criminale.
Il romanzo è per palati forti benché l’autrice, pur descrivendo nei dettagli crimini efferati, non pare compiacersene, limitandosi a registrare i dettagli più raccapriccianti sempre con un occhio di riguardo alle conseguenze che quelle azioni provocano nella mente di chi li commette.


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