Giunti alla fine del romanzo è obbligo un inchino al genio. Se
la prima parte era sorprendente, questa seconda è sconvolgente! Le numerose incursioni
del e nel surreale prendono decisamente il sopravvento. Se nel primo libro avevamo il
prevalere della realtà razionale sull'irrazionale,

ora avviene decisamente l’opposto.
Il protagonista si trova catapultato nella soluzione dell’apparentemente
inspiegabile scomparsa di Marie, la sua giovane modella, una ragazzina
tredicenne. Scopriremo che il quadro che dà nome al romanzo non è estraneo allo
sviluppo della vicenda, con i suoi personaggi che progressivamente prendono
vita aiutando a modo loro il protagonista a venire a capo del mistero. Ma non
si tratta di uno svelarsi facile. Il protagonista affronta un’esperienza al
limite delle possibilità umane, sconfinando in una dimensione aliena che lo scaraventa
in un mondo fantastico e onirico che alla fine lo espellerà facendolo ricadere
nel mondo fisico dal quale egli proviene. Il risultato finale, più che lo
svelarsi del mistero della scomparsa della ragazzina, sembrerà essere una
conversione intima del protagonista che lo porterà a ricucire la sua crisi
coniugale, all'origine dell’intera vicenda. Il cerchio quindi si
chiude facendo recuperare al protagonista una diversa consapevolezza che lo
aiuterà ad accettare le conseguenze delle proprie azioni.
Alla fine, l’intero romanzo può definirsi come una lunga
metafora dell’esistenza, non una esistenza assoluta e universale, ma molto
particolare e unica, non replicabile, un’esistenza priva di elementi di
riferimento oggettivi se non quelli riscontrabili all’interno della propria
storia ed esperienza.
La lettura di questo Assassinio del Commendatore - e alla
fine un assassinio lo vedremo sul serio per quanto privo di conseguenze,
condanne, espiazioni e sensi di colpa - sarà come affidarsi alle onde del mare
o alla corrente di un fiume carsico che interrogherà il lettore sul senso della
propria esistenza.
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